Mi sono persa tanti amici per la strada in questi anni.
Un po' perchè erano legati alla mia vecchia storia e hanno scelto, a torto o a ragione, di rimanere più amici del mio ex che miei (benché fossero stati prima miei e poi suoi).
Un po' perchè la vita è così: c'è un periodo in cui la strada la percorri insieme, poi improvvisamente le strade si separano e incontri altri compagni di viaggio, e dopo un po' ci si perde di vista.
Ma io sono una nostalgica, e ogni tanto mi volto indietro e scopro che mi mancano un sacco di persone, e allora mi metto a scrivere, a rintracciare, a cercare su Facebook, a pianificare incontri.
Ma a tanto sforzo da parte mia non equivale un altrettanto risultato... qualche mail striminzita, una telefonata tiepida, un "sì, ma certo, poi organizziamo..", ma senza troppa convizione.
La dura realtà è che a me non mi cerca mai nessuno (e scusate il rafforzativo, ma ci sta tutto)!
E siccome quando succedono le cose mi faccio sempre delle domande e poi mi rispondo da sola, allora mi interrogo sul mio essere amica, e penso che forse non sono gli altri, ma sono proprio io che in realtà non funziono.
E non funziono perchè nei rapporti con gli altri io do' sempre tanto, forse anche troppo, ma poi mi aspetto dagli altri lo stesso e se non succede, ci rimango male.
Perchè io non so chiedere, e mi limito ad aspettare un certo comportamento, e rimanerci di sale, quando questo, giustamente o ingiustamente, non arriva.
Quando avevo 15 anni avevo due amici speciali, che erano il mio mondo, nati casualmente entrambi il giorno di Capodanno.
Uno era R., bel ragazzo tenebroso dal nome straniero, a cui ho voluto un bene matto e disperato. Voi direte che sotto sotto ne ero innamorata, e forse era così, non lo saprei dire nemmeno oggi. A 15 anni certi confini si mescolano, ed è sempre tutto così assoluto, e perentorio.
Volevo così bene a R. che gli raccontavo tutto di me, ed era contenta quando lui stava bene, ed ero triste quando lui era triste. E la batosta che mi arrivò quando, giunti all'Università, lui sparì improvvisamente dalla mia vita fu tale che ancora oggi, quando ci penso, mi fa male.
Un giorno di qualche anno dopo mi scrisse una lettera, con la sua bella grafia svolazzante, per chiedermi scusa, e dirmi che era sparito così non per colpa mia, ma per colpa sua, perchè io ero troppo e quell'amicizia, così carica di cose e aspettative, lui non riusciva più a gestirla.
Un po' come dire "ti lascio perchè mi ami troppo e non son degno di te".
L'altra amica speciale era C., la mia compagna di banco del liceo, la mia confidente e la mia complice.
Eravamo molto diverse, eppure siamo state insieme per 5 anni, senza mai una litigata o una incomprensione.
Alla fine dell'ultimo anno di liceo, dopo la maturità, la mamma di C. si ammalò e morì nel giro di pochi mesi, senza che io ne sia mai venuta a conoscenza diretta.
Un giorno di inizio estate andai a casa di C. per portarle una cosa che le serviva per le vacanze e non mi rispose al citofono, poi nemmeno al telefono, e da allora non l'ho mai più rivista.
Della mamma lo venni a sapere mesi dopo, tramite amici del liceo, che invece l'avevano vista e con cui aveva parlato. E mi riferirono che con me, no, non avrebbe voluto parlare.
Quando nacque Chicca mi cercò lei, via Facebook, dicendomi che in questi anni mi aveva pensato, e che le era dispiaciuto per come ci eravamo lasciate. Ero contenta e speravo che forse quel rapporto, e quella ferita, si potessero ricucire.
Ci siamo scambiate qualche mail e foto dei rispettivi figli.
Poi, sparita di nuovo.
Per molti anni, pensando a loro, mi sono venute in mente le parole di Simone de Beauvoir, all'epoca la mia scrittrice preferita: “Insieme avevamo lottato contro il destino fangoso che ci minacciava e per molto tempo ho pensato che avevo pagato la mia libertà con la sua morte”.
Un post molto triste ma terribilmente vero. Credo che, nella vita di molti di noi, ci sia almeno una storia così, e fa male, tanto male. Un'amicizia che svanisce senza un perché forse è peggio di una delusione d'amore. Eppure ho imparato a farmene una ragione e credo che non ci sia una vera colpa, da parte di nessuno. Credo che sia semplicemente l'evolversi della vita a farci vivere certe esperienze. Siamo noi che cambiamo con essa e prendiamo altre strade. Non per mancanza di bene (o amore che sia). Il bene c'era ai tempi, c'è stato e, nel profondo, forse c'è ancora, ma la vita ha scelto diversamente. La mia non vuole essere una giustificazione bensì solo un'analisi il più obiettiva possibile, su eventi, che altrimenti sarebbero troppo duri da sopportare. Oltre a ciò, un'altra cosa che cerco (ma non sempre riesco) di non dimenticare è che quando do, do e basta, senza pretendere e, soprattutto, senza aspettarmi niente. Do, perchè è quello che mi sento, perchè mi rende felice e perchè è a me che fa bene. Magari rimarrò delusa ma non avrò tradito me stessa e questa è l'unica cosa che conta. Un abbraccio grande!!!
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