venerdì 7 dicembre 2012

Pensieri cupi sotto natale

Quando è morto il papá di Lui, circa sette anni fa, il giorno dell'Immacolata, ho cominciato ad avere paura della morte... è strano, io che la morte l’ho tanto celebrata nei miei scritti di ragazzina (ero molto dark), nei miei pensieri, nei miei sogni, da quel giorno mi spaventa e mi mette angoscia come il peggiore degli incubi.
La morte... mi ha sempre ballato intorno con il suo abito nero facendomi credere di essere una soluzione a tutte le mie insoddisfazioni e alle mie paturnie, e poi un giorno mi colpisce (quasi) direttamente e io non ho piú il coraggio di pensare a lei.
Da quando sono nati i figli, poi, e si è ammalata mamma, non ne parliamo... 
Nasconderlo non serve a nulla, anche se poi non posso parlarne con nessuno, mi vergogno o comunque mi sento paranoica, mi dico che se entro in quella spirale di pensieri faccio solo un tuffo triplo carpiato nella depressione, e non me lo posso proprio permettere.

Mio suocero è morto in casa, e vivendo al Sud, come nelle migliori tradizioni, a casa è rimasto fino al funerale. Era la prima volta in vita mia che vedevo un morto.
E vedere mio suocero dentro quella bara, nel centro del suo salotto, mi ha sconvolto dentro, mi ha segnato profondamente e da allora niente è stato più come prima... cammino per strada e penso sempre ora muoio di botto e tutto finisce, bum, fine delle trasmissioni... oppure se non muoio io, muore qualcun’altro, mia madre, Lui, qualche amica, i miei figli e finisce tutto comunque.
Quando cresci arriva un momento dove la gente comincia a morire, ed è normale che succeda: l’etá avanza e tu lo sai da sempre, che alla fine si muore per forza e che non puoi farci nulla, ma sembra tutto cosí assurdo lo stesso.
Comincio a pensare che questo potrebbe essere l’ultimo natale, l’ultima vacanza, l'ultima estate, l’ultimo bacio. In fondo non è cosí che succede? un giorno ti svegli, vai a lavoro pensando che tutto scorra esattamente come gli altri giorni, fra ufficio, pranzo, spesa e cena... e invece uno scemo ti taglia la strada e tu a casa non ci torni piú.
Qualche anno fa, alla festa del PhD di mio fratello di mezzo, a New York, eravamo in cucina a brindare e invece di godermi il momento, dentro io continuavo a pensare che magari quella era l’ultima volta in cui eravamo tutti insieme, io mamma e i miei fratelli... la mia famiglia... mi dicevo “goditi questo momento di allegria, assaporalo tutto nella sua specialitá, che forse l’anno prossimo qualcuno non ci sará piú e non saremo mai piú tutti e tre insieme...

Non è buffo? Io che odio tanto la famiglia mi terrorizzo al pensiero che un giorno la mia non ci sará piú... chissá se io e i miei fratelli avremo la costanza e la forza di tenerci uniti quando mamma non ci sará piu: lei in fondo è il nostro collante, l’adesivo di queste tre vite nomadi, in perenne fuga da sè stessi e dalle proprie radici. Da quando siamo nati fuggiamo con la rabbia dentro da tutto ció che ci lega, come se mettere radici ci costringesse prima o poi a guardarci dentro e vederci riflesso comunque lui.
Lui che non ci ha voluto, che ci ha rinnegato, che ci ha cacciato dalla sua vita senza un motivo, senza una scusa plausibile, solo perchè era piú semplice cosí.

Quando guardavo mio suocero morto nella bara, al centro del salotto, continuavo a pensare che quando morirá mio padre io probabilmente non lo sapró nemmeno, e se lo sapró, probabilmente non proveró nulla... no, in realtá lo guardavo e pensavo che era assurdo, allucinante, che un morto stesse nella bara al centro del suo salotto in mezzo alla gente che lo guardava in silenzio... lo trovavo barbaro.... pensavo che da un momento all’altro si sarebbe alzato e avrebbe mandato a quel paese tutti... sono morto cazzo, andate tutti al diavolo e lasciatemi in pace!
A Lui queste cose non posso dirle, lui è parte in causa e certo si sentirebbe offeso a sentir dire che quello che hanno fatto la ritengo un’usanza incivile.
Che mi guardavo attorno e mi sembrava incredibile che qualcuno non prendesse la madre di peso per trascinarla fuori da quella stanza e portasse il morto via da quella casa.
Che mi sembravano tutti matti, a stare tutti attorno alla bara e continuare a piangere, quasi a volersi fare ancora piú male a vedere qualcuno che ormai non si muove piú.
Lo so... al loro posto magari farei lo stesso, che ne sai? 
Giá che ne sai, in fondo a te non è mai morto nessuno, il bello di non aver avuto una famiglia è che la morte difficilmente ti tocca, a meno che non sei proprio sfigato.
Peró mio padre mi ha abbandonato da piccola, conta uguale?
No, credo di no.

5 commenti:

  1. Sai, mi consola leggere quello che scrivi. Perché mi sento in buona compagnia, e capisco che forse non sono semplicemente impazzita.
    Da quando sono diventata mamma anch'io faccio spesso questi pensieri. Per esempio se stiamo vivendo un bel momento in famiglia, tutti e 4, magari a ridere sul divano, io subito faccio i lacrimoni perché penso che possa succedere qualcosa di brutto e di momenti come quello possa restare solo il ricordo. Ma si può? Si potrà mai uscire da questo tunnel?

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    1. Non lo so se se ne esce, ma temo di no, perchè i legami in cui alla fine ci arrotoliamo andando avanti sono così forti che non riusciamo nemmeno a pensarci di poterne fare a meno.
      Io cerco di scacciare più possibile i pensieri e di aggrapparmi alle cose concrete che ho, che poi sono la mia fede e i miei affetti, perchè mi rendo conto che nella mia mente c'è un confine sottilissimo superato il quale c'è un baratro che mi spaventa ancor più della morte!
      E comunque io ho bandito tutti i film più tristi che hanno a che fare con morti, bambini et simili!

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  2. Cavolo se conta. Mio padre non c'è più da qualche anno, si è ammalato gravemente e nel giro di poco se ne è andato. Cosciente fino all'ultimo, presente fino all'ultimo. Se ci penso so che un pezzo del mio cuore non c'è più, se l'e' portato via con lui e così e' naturale che io non riesca più ad essere felice completamente. Come puoi esserlo, quando una parte di te fondamentale ti lascia??? Però ho i suoi ricordi, i suoi insegnamenti, le sue storie e con i tempo ho imparato a capire che se non dimentico, se trasmetto quello che mi ha insegnato se ripenso ai momenti insieme, lui rimarrà sempre un po' con me e non se ne andrà mai del tutto. Parlo tanto con lui, anche di cose sciocche. "Ti piace questa canzone?, si lo so Biagio non è il tuo genere ma non ricominciare con la storia della musica di qualità" ...."no, non ricomincio, ma tu cresci che hai quasi 40 anni ed un figlio, non vorrai tirarlo su facendogli ascoltare Biagio?" ....ecco cose così....mi sembra sciocco a volte, ma è una linfa vitale e continuare a mantenere i nostri legame speciale, a non lasciarlo andar via e consola parecchio.....quindi cavolo se conta non averlo conosciuto. Io ti abbraccio forte forte, per quello che può valere!!!

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    1. Ecco, vedi, lo so che sembra tremendo, ma io a volte invidio addirittura chi un padre non ce l'ha più, come te o mio marito, eppure ha ricordi bellissimi da raccontare, e in cui crogiolarsi.
      Io invece ce l'ho, da qualche parte, e passo buona parte ad odiarlo..
      Ti abbraccio anche io forte forte...

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  3. Credo che le due cose vadano di pari passo. Intendo dire l'esperienza dei sentimenti veri e la consapevolezza della loro caducità. Io ho cominciato ad aver paura quando sono nati i mostrilli: loro mi hanno portato tanto amore, tanta felicità ma anche un attaccamento feroce, a loro e al sentimento che ci lega. Lo stesso per la mia famiglia e i pochi amici veri...credo che sia normale farsi sfiorare da certi pensieri, basta che non diventi un'ossessione, come stava per succedere a me in certi periodi bui....
    p.s. direi che conta eccome, l'abbandono e la morte sono due forme di distacco...e non saprei dire quale può causare più dolore...

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