giovedì 11 giugno 2015

In classe di Chicca c'è una bimba con due mamme, insomma di una coppia omosessuale, perchè noi non ci facciamo mancare niente, quindi fra rom, arabi e gender direi che non possono dirci che fin da piccoli non li ho abituati alla diversità.
Una delle due mamme è incinta e dopo aver faticato anni a spiegare a Chicca come nascono i bambini (perchè io ho sempre odiato le storielle dei cavoli e delle cicogne, e quindi, anche se un po' edulcorata, le ho raccontato la verità) quest'anno ho dovuto rivedere la storia inserendo anche la variante in cui, pur senza il papà, arriva comunque il semino da piantare nella mamma.
Non che mi preoccupi la cosa: vive nel mondo reale, quindi prima impara che esistono queste cose e meglio è, quantomeno avrà sempre gli strumenti per gestirle.
Fra l'altro a lei, come per tutte le cose che interessano più i grandi che i piccoli, la questione non fa nè caldo nè freddo, tanto che dell'esistenza della famiglia alternativa ne sono venuta a conoscenza solo ad anno scolastico iniziato e nemmeno da lei, ma tramite il chiacchiericcio di mamme all'uscita i cui figli non sono in classe con lei.
Ma tant'è, questo è il prezzo da pagare nel vivere in una comunità: gente che si fa davvero i fatti suoi in 41 anni non ne ho mai conosciuta, e nemmeno io in fondo in fondo, diciamocelo, sono così scevra dal pettegolezzo, anche se riservato solo con le amiche... quindi star qui a menarla su quanto sono pettegole e cattive le mamme fuori da scuola farebbe di me sicuramente una tipa migliore agli occhi degli altri, ma molto disonesta ai miei.
Anche perchè, non ha senso negarlo, su temi come questi non sono poi così progressista come i tempi moderni imporrebbero che fossi.
e non lo sono non tanto per posizioni prese o ideologie religiose


giovedì 28 maggio 2015

Il dolore degli altri

Una compagna di classe di Chicco è diventata cieca... così, dalla sera alla mattina... senza un perchè e senza che nessun medico, nel 2015, lo sappia spiegare ai genitori...
Eppure fino a due giorni prima giocava, correva, faceva i lavoretti insieme ai suoi compagni...
Dico che è diventata cieca, e non "non vedente", perchè così dice Chicco "sai, mamma, Ilaria è diventata cieca", e dopo un po' ho smesso di correggerlo, perchè per lui è normale, non ci fa nemmeno caso, ha solo paura di farle male quando si muove, agitato e sbadato com'è, in giardino o in classe.
Perchè loro non hanno paura delle parole, come noi.
Noi mamme ci abbracciamo, e scappiamo via in lacrime prima che ci vedano, mentre loro continuano a giocare, come se darle la mano per portarla in bagno o aiutarla a trovare la sedia sia un gioco come un altro...
E uno la invidia questa immensa capacità dei bambini di adattarsi a tutto, di trovare un senso a tutto senza farsi troppe domande..

E invece noi stiamo lì a torturarci, a voler sapere e a non voler sapere troppo, perchè il dolore degli altri ci attira e ci respinge come la luce agli insetti, che si avvicinano curiose, ma poi scappano per paura di essere bruciate.
Perchè è inevitabile, quando succedono queste cose, guardare i proprio figli e chiederci: se succedesse a noi?.. e umanamente risponderci, con un sollievo misto a senso di colpa, che per fortuna stavolta è toccato ad altri... come se, nella ruota della fortuna della vita, il fatto che la sorte ci abbia sfiorato solo di striscio, ci renda immuni, almeno per un po', da altre disgrazie.
E' la statistica in fondo, no? Se c'è quella percentuale, e tu non ci sei rientrata, hai buone possibilità di averla sfangata se non per sempre, almeno per un po'.

E chi invece c'è finito dentro? Come lo aiuti? Come puoi sostenerlo? Come si sostiene il dolore degli altri?
Con la presenza discreta di chi si mette genericamente a disposizione?
Con gli aiuti concreti, che poi alla fine solo le persone più vicine possono offrire senza rischiare di essere invadenti?
Con l'insistenza di chi ti chiede notizie continuamente, anche quando notizie non si hanno, nè buone nè cattive?
Con l'indifferenza di chi ti tratta come se niente fosse, perchè pensa che la apparente normalità sia la migliore cura?
Ci riempiamo ogni giorno di mille parole vuote, che assomigliano a tante frasette buone solo da pubblicare sui social, ma la realtà è che nessuno sa mai come gestire il dolore degli altri.
Tutto ci sembra troppo, o troppo poco, e per pudore, o incapacità, dopo i primi momenti, a volte ci si allontana...

Io prego, a modo mio, perchè credo... mi piacerebbe farlo sapere alla mamma che quando posso una preghiera per la piccola Ilaria c'è nel mio cuore, perchè l'ho imparato sulla mia pelle, quando aspettavo i miei figli che per la statistica erano mezzi condannati, che "niente è impossibile a Dio".
Avrei voluto dirglielo stamattina, ma poi l'ho solo abbracciata forte e ho scherzato con lei e con la piccola, come se nulla fosse, come facevo prima, ed entrambe ci siamo ricacciate le lacrime in gola... perchè io sono così, le parole so solo scriverle, ma a dirle, faccio fatica..
Però voglio chiedere a chiunque passi di qui oggi e nei prossimi giorni, anche se non crede, di dire a modo suo una preghiera per la piccola Ilaria.
E non perchè domani riacquisti la vista o ci sia il miracolo, benché, nonostante tutto, io continui a crederci...  ma per donare forza a lei e ai suoi genitori, perchè, comunque vada, la loro strada sarà più in salita della nostra, e ne avranno bisogno, di tanta forza...
... perchè una volta, incinta di Chicco, a pochi giorni dalla villocentesi e dal suo responso, o dentro o fuori lessi questa frase: "Dio nella sua infinita perfezione, ha una debolezza: non sa resistere a chi fortemente prega"...



giovedì 26 marzo 2015

Quarto potere 2.0

Il video sulla prima pagina del corriere.it di oggi, con i piloti svenuti in cabina, è l'emblema del giornalismo di oggi: l'incapacità del silenzio di fronte alle cose che non sappiamo spiegare lì per lì.
Noi dobbiamo sapere, tutto, subito, e se non lo sappiamo, dobbiamo formulare tutte le spiegazioni possibili fino a trovare quella giusta, pazienza se nel frattempo sfioriamo il comico.

Ed è lo specchio di quello che siamo diventati tutti noi, assetati dell'ultima ora, drogati del refresh ossessivo, sempre alla ricerca di quel link che confermi i nostri mille sospetti o le nostre granitiche certezze di tuttologi del web.
Me ne accorgo leggendo i commenti dei lettori in questi giorni su ogni giornale on line, o su fb: nel giro di 24 ore son diventati tutti piloti di aeronautica in Italia...

E invece non sarebbe più rassicurante ammettere per una volta che, per quanto ci si affanni, certe cose accadono, e tu non puoi fare niente per evitarle?
... non sarebbe meno traumatico limitarsi a lasciare immaginare cosa sia successo, piuttosto che ostinarsi a mostrare mille simulazioni o 100 foto superingrandite alla ricerca di quel pezzo di braccio che ci faccia dire, ok, ho visto come si riduce un uomo che schianta con un aereo su una montagna?
...o almeno, non sarebbe comunque meglio imparare una volta per tutte che prima di parlare, o di scrivere, è necessario aspettare il tempo per avere notizie certe?

giovedì 12 febbraio 2015

il viaggio

Avrò avuto sei o sette anni, o forse meno.
Ricordo perfettamente ancora oggi il sogno: mia madre e i miei fratelli, i Chicchi, come chiamo ora i miei figli, che ridono e sono felici, dentro un negozio.
Io invece sono dietro al vetro, fuori, che urlo e li chiamo di venire da me.
Ma loro non mi sentono.
E nel sogno la consapevolezza che io sono morta, e che loro lo sanno, e che, nonostante questo, sono felici, insieme, solo loro tre.
E io che piango, e continuo a urlare, pur realizzando quello che, dentro di me, ho sempre saputo.

Da quando sono madre rivedo tanti momenti della mia vita, da piccola, e capisco tante cose che ho seppellito dentro, per andare avanti. E che invece ora ritornano prepotenti fuori, e chiedono con urgenza di essere risolte.
A quarant'anni sta cominciando una fase della mia vita che mi spaventa, e non mi fa dormire...c'è una strada, un viaggio, che dovrei affrontare, per essere una buona madre per i miei figli, e non commettere gli stessi inconsapevoli errori di chi genitore (madre e padre) lo è stato prima di me.
Perchè amo i miei figli e voglio vederli felici.
Ma fa paura questo viaggio, perchè non so cosa troverò alla fine della strada.
E, soprattutto, chi.