mercoledì 26 aprile 2017

Come stai?

E tu, come stai?
Me lo chiedono in tanti in questo periodo, e benchè non stia affatto bene dentro, non ho coraggio di dare voce a tutti i miei dubbi e i miei disagi, e preferiscono un anomimo "solito" a cui nessuno ha il coraggio di dare seguito.
Questa gravidanza mi sta mettendo alla prova, mette alla prova me stessa e il mio modo di essere stata me stessa con gli altri in tutti questi anni, e non tutto quello che esce fuori mi piace.... e me ne vergogno.
Me ne vergogno così tanto che non ne parlo, perchè è brutto scoprirsi improvvisamente così egoisti, così superficiali, così diversi da quella brava amica e confidente che tutti credevano fossi fino a qualche tempo fa.
E' vero che quando tutto va bene e secondo i piani è facile essere amabili e simpatici, e comprensivi con tutti, ma è altrettanto vero che quando la tua vita si rivoluziona, e bene o male sai che non sarà più la stessa, si fa fatica a recitare quel ruolo e si vorrebbe solo chiudersi in sè stessi.
Può una gravidanza essere stata così devastante nella mia vita?
In fondo mi sta regalando anche tante cose belle, come la casa nuova e più grande, vicina a mia madre e di nuovo nel mio quartiere, con tante comodità che mi prima mi sembravano miraggi, come accompaganre i bimbi a scuola a piedi, o poter andare a far la spesa senza prendere la macchina.
Mi sta regalando un altro bimbo, un altra occasione di vedere un piccolo uomo nascere, crescere, imparare a parlare e a camminare, e di avere una famiglia più numerosa, che in fondo mi sono sempre piaciute.
Eppure mi ritrovo a piangere in bagno per le varici che mi compaiono ormai ovunque, per la difficoltà che ho di dormire, o perchè devo scappare a fare pipi ogni 10 minuti. O perchè ormai ho la mobilità di un pachiderma.
Dalla scorsa settimana mi sono dovuta arrendere anche nella corsa, troppe contrazioni, ormai posso solo camminare e nemmeno tanto velocemente.
Manca un mese e qualche giorno, e mi sembra un'eternità.
E in tutto questo mi circondano amiche ultraquarantenni che cercano disperatamente un figlio, il primo figlio, e non ci riescono, che mi raccontano di medici negativi, che snocciolano percentuali minime di riuscita anche con metodi alternativi, che mi liquidano con un caso estremo quando vengo citata, un 5% fortunato, cavolo, nemmeno l'avessi azzeccato al superenalotto.
E' un lavoro faticoso quello che sto facendo in questi 9 mesi su di me, un percorso difficile in cui ho dovuto e devo continuamente trovare ogni giorno la giusta dose di ottimismo e fiducia, per evitare che questo lato oscuro di me mi scaraventi nel pessimismo e nel rancore.
Cosa uscirà fuori di me dopo questi nove mesi non lo so e mi spaventa da morire.
Dovrò guardarmi nuovamente allo specchio e dare conto di quello che, giocoforza, sono diventata, e sperare che questa nuova me mi piaccia...